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DIRITTO DEI MINORI

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A tutela del minore che risulti momentaneamente privo di un ambiente familiare idoneo per la di lui crescita adeguata e serena può essere aperto un procedimento avanti il Tribunale per il Minorenni su domanda dei genitori, degli ascendenti ovvero a seguito di segnalazione dei Servizi Sociali, Enti locali, Istituzioni scolastiche e autorità di pubblica sicurezza con lo scopo di fornire al minore e al nucleo familiare tutti i più opportuni sostegni.

 

Lo Studio offre consulenza ed assistenza legale in tutti i procedimenti di competenza di tale Tribunale nel corso dei quali posso esse adottati i seguenti provvedimenti:

L’affidamento eterofamiliare e l’affido all’Ente è disposto allorquando viene accertato che il nucleo familiare d’origine non è idoneo per la crescita adeguata e serena del minore.

 

Poiché, però, l’affidamento del minore ad una famiglia diversa da quella di origine ovvero all’Ente territorialmente competente, individuato nel di lui comune di residenza, è finalizzato al rientro del minore a casa, la difficoltà della famiglia di origine deve avere carattere transitorio.

 

L’affido del minore all’Ente non prevede obbligatoriamente il collocamento del minore in una struttura comunitaria. Il Tribunale per i Minorenni, infatti, può disporre solo una limitazione della responsabilità genitoriale, mantenendo tuttavia il minore collocato presso la famiglia di origine la quale però sarà oggetto di monitoraggio e controllo da parte dei Servizi Sociali sino a quanto la situazione di disagio o difficoltà perduri.

I minori hanno diritto a crescere ed essere educati nell’ambito della propria famiglia, ai sensi dell’art. 1 della L. 184/1983, così come novellata dalla L. 149/2001. Solo in casi particolari, quando la famiglia non risulti in grado di assicurare un’adeguata crescita sociale e culturale del bambino, laddove non sia possibile l’affido etero-familiare, il Tribunale Per i Minorenni può disporre il temporaneo inserimento del minore presso Strutture Comunitarie a volte anche insieme al genitore, garantendo però anche il costante rapporto del minore con la famiglia di origine.

Ad oggi in Italia i single e le coppie omosessuali non possono ancora adottare un minore, se non nei casi particolari disciplinati dall’articolo 44 L 184/83; i single e le coppie omosessuali, però, possono accogliere dei minori in affido ai sensi dell’art. 2 L 183/84 temporaneamente privi di un ambiente familiare idoneo.

La decadenza dalla responsabilità genitoriale è un istituto regolamentato dall’art. 330 cc e può essere pronunciata qualora il genitore o i genitori vìolino o trascurino i doveri inerenti alla responsabilità genitoriale o abusino dei relativi poteri, con grave pregiudizio per il figlio.

 

Si tratta di un provvedimento estremo a tutela e protezione dei figli nonché di una misura sanzionatoria per le violazioni già commesse dal genitore. Qualora siano cessate le ragioni a fondamento della decadenza nonché qualora non sussista pericolo per il minore, il genitore può essere reintegrato nella responsabilità genitoriale.

 

La limitazione della responsabilità genitoriale è invece l’istituto che viene disposto dal giudice qualora le violazioni dei doveri inerenti la responsabilità genitoriale siano gravi ma non al punto da determinare la necessità di pronunciare un provvedimento di decadenza dalla responsabilità genitoriale.

Quando la situazione di disagio e difficoltà della famiglia di origine del minore non ha carattere transitorio e arreca al figlio un grave pregiudizio, il Tribunale per i Minorenni apre un procedimento a tutela del minore per la di lui dichiarazione dello stato di adottabilità.

 

L’adozione nazionale del minore è disciplinata dalla legge 184/83 che richiede affinchè un minore sia dichiarato adottabile lo stato di abbandono, definito come la condizione del minore che sia privo di assistenza materiale e morale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché tale carenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio.

 

A seguito di una complessa e accurata indagine sul nucleo familiare di origine anche allargato del minore il Tribunale per i minorenni, qualora ravvisi tale stato di abbandono emette sentenza e da tale momento il minore è quindi adottabile da una nuova famiglia.

 

Con l’adozione legittimante il minore acquista nei confronti degli adottanti tutti i diritti di un figlio biologico.

L’adozione internazionale è l’adozione di un bambino straniero fatta nel suo paese, in ottemperanza alle leggi in vigore in tale paese.

 

Le persone residenti in Italia che intendono adottare un minore straniero residente all’estero, devono in primo luogo presentare una dichiarazione di disponibilità all’adozione internazionale presso il Tribunale per i Minorenni il quale effettuata l’istruttoria necessaria potrà emettere un decreto di idoneità ovvero un decreto di insussistenza dei requisiti all’adozione.

 

Ricevuta l’idoneità la coppia entro il termine di un anno deve iniziare la procedura di adozione rivolgendosi ad uno degli enti autorizzati dalla Commissione per le adozioni internazionali, il quale si occuperà di svolgere tutte le pratiche necessarie e di trasmettere alla Commissione tutta la documentazione relativa al minore e alla coppia di adottanti. Controllata la correttezza della documentazione nonché la conformità alle disposizioni dell’Aja, la Commissione autorizza l’ingresso del bambino adottato in Italia.

 

A seguito dell’arrivo del minore in Italia, trascorso il periodo di affidamento preadottivo il Tribunale per i Minorenni ordinerà agli ufficiali dello stato civile di trascrivere il provvedimento di adozione nei registri.

L’istituto delle adozioni in casi particolari consiste nell’adozione di un minore di età in casi specifici nei quali non sono presenti i presupposti per l’adozione legittimante.

 

Legge sull’adozione è disciplinata dalla L. n. 184/1983 ex art 44 ed è possibile quando ricorre una delle seguenti condizioni:

 

  • da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo anche maturato nell’ambito di un prolungato periodo di affidamento, quando il minore sia orfano di padre e di madre;

 

  • dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge;

 

  • quando il minore sia handicappato e orfano di entrambi i genitori;

 

  • quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo

Tali procedimenti sono disciplinati dall’art. 25 del R,D. L. 1404/1934 e successive modifiche. Il Tribunale per i Minorenni, ricevuta segnalazione da parte del PM, dei Servizi Sociali, dai genitori, dal tutore, dagli organismi di educazione ovvero dagli ulteriori istituti di protezione e di assistenza dell’infanzia e dell’adolescenza, in merito ad irregolarità della condotta o del carattere di un minorenne può disporre, a tutela del minore, una delle seguenti misure:

 

  • affidamento del minore al servizio sociale minorile;

 

  • collocamento in una casa di rieducazione od in un istituto medico-psico-pedagogico.

La rappresentanza in tutti gli atti civili dei minori sino al compimento della maggiore età ovvero sino all’emancipazione spetta congiuntamente ad entrambi i genitori ovvero al genitore che esercita in modo esclusivo la responsabilità genitoriale ma allorquando risulti che il patrimonio del minore è male amministrato il Tribunale ha l’autorità di stabilire le modalità e le condizioni che i genitori devono seguire ovvero in caso di conflitti di interessi o di pregiudizio grave l’autorità può anche disporre la rimozione di uno o entrambi i genitori dall’amministrazione stessa e privarli dell’usufrutto legale. Nell’ipotesi in cui entrambi i genitori siano rimossi dall’amministrazione dei beni questa è affidata dal Tribunale ad un curatore.

Allorquando l’autore di un reato sia un minore di diciotto anni, competente per il relativo procedimento a suo carico è il Tribunale per i Minorenni.

Il DPR 22 settembre 1988 n.448 ha introdotto per la prima volta nel nostro sistema penale il modello Conciliativo-Riparativo. Lo scopo del Legislatore, infatti, è quello di coniugare l’esigenza di dare una risposta al reato con quella di proteggere il percorso evolutivo di crescita del minore tenendolo il più lontano possibile dal circuito penale.

 

Coerentemente con il modello Conciliativo-Riparativo a cui fa riferimento, il sistema penale minorile prevede una serie di misure che non solo di tipo detentivo e reclusivo, ritenute l’extrema ratio, ma prevede una serie di interventi graduabili che consentano finalità proattive anche nei confronti dell’intera società.

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Il Giudice Tutelare è il giudice a cui sono affidate funzioni in materia di tutela della famiglia, delle persone ed in particolare dei soggetti più deboli come i minori e gli incapaci, con riguardo agli aspetti sia patrimoniali che non.

Il Giudice tutelare si occupa di tutti quei procedimenti caratterizzati dal fatto che non vi sono due o più parti con interessi in conflitto, ma soltanto delle persone incapaci, o non del tutto capaci, di provvedere da sole ai propri interessi, a cui favore è previsto l’intervento di un soggetto, il Giudice Tutelare appunto, con funzioni di tutela e di garanzia.

 

Il Giudice tutelare inoltre, ricopre un ruolo di fondamentale importanza: è l’Autorità a cui è demandata la vigilanza sull’osservanza delle disposizioni e dei provvedimenti definitivi emessi nell’ambito della famiglia dal Tribunale Ordinario ovvero dal Tribunale per i Minorenni.

 

Lo Studio Di Nella offre consulenza ed assistenza legale nei seguenti ambiti:

L’articolo 337 cc conferisce al Giudice Tutelare l’importante potere di vigilanza in merito all’attuazione delle condizioni statuite dal Tribunale ordinario per l’esercizio della responsabilità genitoriale. Tale potere tuttavia non attribuisce al Giudice Tutelare poteri modificatori delle statuizioni. L’art. 337 c.c. stabilisce infatti che “Il giudice tutelare deve vigilare sull’osservanza delle condizioni che il tribunale abbia stabilite per l’esercizio della potestà (oggi responsabilità genitoriale) e per l’amministrazione dei beni“. La mancanza di potere di modifica in capo al Giudice Tutelare riguarda esclusivamente le questioni inerenti l’affidamento dei minori, il collocamento e la quantificazione del contributo al mantenimento senza però includere le questioni accessorie o semplicemente esecutive. Si può pertanto affermare che su tutto ciò che esuli dalle suddette disposizioni, il Giudice Tutelare possiede un potere di “vigilanza attiva”. Tale potere è pertanto funzionale all’applicazione concreta del regime previsto dal giudice di merito.

 

Qualora pertanto, un genitore ravvisi inadempimenti da parte dell’altro genitore rispetto alle statuizioni emesse dal Tribunale ordinario, lo Studio offre assistenza legale al fine di adire tale organismo che, verificata l’esistenza di inadempimenti, potrà adottare tutte le necessarie misure per la puntuale esecuzione dei provvedimenti vigenti.

Il Tribunale per i Minorenni qualora decida di chiudere un procedimento aperto a tutela di un minore ravvisando tuttavia la necessità di un proseguo del monitoraggio della situazione, trasmette il fascicolo al Giudice Tutelare. Tale Autorità sarà pertanto investita del potere di vigilare circa le condizioni del minore ed il rispetto delle disposizioni contenute nel provvedimento definitivo. Il Servizio Sociale competente ovvero i soggetti esercenti la responsabilità genitoriale saranno tenuti a aggiornare costantemente il Giudice Tutelare al fine di consentirgli un monitoraggio effettivo della situazione.

 

Il Giudice Tutelare infine, qualora per la situazione del minore fosse necessaria l’emissione di ulteriori o diversi interventi, può inviare segnalazione in Procura per l’adozione di nuovi e differenti provvedimenti nell’interesse del minore.

Ai genitori ovvero agli esercenti la responsabilità genitoriale spetta la rappresentanza e l’amministrazione dei beni dei figli. L’amministrazione dei beni tuttavia incontra dei limiti in quanto gli atti di straordinaria amministrazione relativi al patrimonio dei figli non possono essere compiuti né congiuntamente ne disgiuntamente dai genitori se non previa autorizzazione da parte del Giudice Tutelare il quale ha il compito di valutare la necessità e l’interesse del minore.

Qualora risulti che i genitori ovvero gli esercenti la responsabilità genitoriale male amministrano il patrimonio del minore il Giudice Tutelare ha l’autorità di stabilire le modalità e le condizioni che i genitori devono seguire ovvero in caso di conflitti di interessi o di pregiudizio grave l’autorità può anche disporre la rimozione di uno o entrambi i genitori dall’amministrazione stessa e privarli dell’usufrutto legale. Nell’ipotesi in cui entrambi i genitori siano rimossi dall’amministrazione dei beni questa è affidata dal Tribunale ad un curatore.

Il Giudice Tutelare è l’autorità a cui ci si deve rivolgere qualora al momento della richiesta di rilascio o rinnovo del documento del minore valido per l’espatrio l’altro genitore non fornisce il proprio consenso.

 

Per l’emissione infatti di tale documento, sia carta di identità che passaporto, valido per l’espatrio è necessario il consenso di entrambi i genitori. Qualora esso manchi sarà il Giudice Tutelare a valutare l’interesse del minore, e emettere un provvedimento che autorizzi l’Autorità competente ad emettere il documento richiesto.

L’affidamento familiare è disposto dal servizio locale, a seguito del consenso espresso dai genitori o da colui che esercita la responsabilità genitoriale sul minore. Il giudice tutelare competente territorialmente recepisce il provvedimento con il quale il servizio dispone l’affido e lo rende esecutivo con l’emissione di un decreto.

 

Nel provvedimento di affidamento devono essere indicate con esattezza le motivazioni che lo hanno reso necessario, le modalità secondo cui deve essere esercitata la responsabilità genitoriale nonché il periodo di durata dell’affidamento stesso.

 

Il servizio sociale ha l’onere di vigilare sulla situazione e di rendere costantemente conto al Giudice Tutelare competente.

 

L’affidamento familiare cessa con provvedimento della stessa autorità che lo ha disposto, valutato l’interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia di origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore.

Sino al 2013 il genitore minore di anni sedici non poteva riconoscere il proprio figlio. A decorrere invece dal 1 gennaio 2013 l’articolo 250, comma quinto, cc. stabilisce che “Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età, salvo che il giudice li autorizzi, valutate le circostanze e avuto riguardo all’interesse del figlio”.

 

Il genitore che ancora non ha compiuto sedici anni pertanto, se intende riconoscere il proprio bambino dovrà rivolgersi al Giudice Tutelare territorialmente competente e presentare una richiesta. Il giudice letto quanto presentato, valutato nel singolo caso concreto l’interesse del minore ad essere riconosciuto, emetterà un provvedimento motivato con il quale autorizzerà o meno il genitore ad effettuare il riconoscimento