
Il coniuge allontana da casa il figlio dell’altro coniuge: non c’è addebito
(A cura dell’Avv. Maria Zaccara )
Non può essere pronunciato l’addebito della separazione al coniuge che allontana dalla casa coniugale il figlio maggiorenne dell’altro coniuge, poiché non si configura la violazione di alcun obbligo di assistenza morale e materiale dell’uomo nei confronti del figlio della moglie, in assenza di un vincolo di sangue o giuridico (ad es. adozione).
Questo il principio sancito dalla Suprema Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 15299/2023 pubblicata in data 31 maggio 2023.
Il caso di specie trae origine da una decisione del Tribunale di Spoleto che respingeva tutte le richieste di una donna nei confronti del marito sia in punto di addebito sia in punto di mantenimento.
La donna ricorreva contro tale decisione ma la Corte d’Appello di Perugia respingeva il gravame confermando la decisione del Tribunale. La moglie proponeva, allora ricorso per Cassazione.
Con il primo motivo la moglie denunciava la violazione e falsa applicazione dell’art. 143 cod.civ., in ordine all’obbligo reciproco dei coniugi di assistenza morale e materiale ed alla collaborazione nell’interesse della famiglia.
La ricorrente, madre di un figlio maggiorenne nato da una precedente relazione, lamentava che i Giudici di merito non avessero considerato che la condotta tenuta dal marito, che aveva allontanato dalla casa familiare il figlio senza motivo, pur avendo accettato la formazione della nuova famiglia di cui anche questi faceva parte, costituiva una violazione degli obblighi nascenti dal matrimonio tale da configurare causa di addebito.
Infatti, la moglie sosteneva che per non lasciare al suo destino il figlio, maggiorenne ma non ancora autosufficiente, era stata costretta a lasciare la casa coniugale e tale circostanza era stata l’unica causa della rottura dell’unità familiare.
Gli Ermellini ritengono tale motivo inammissibile, perché non coglie la ratio decidendi, e non la censura adeguatamente.
La Suprema Corte specifica che non vi è alcun dubbio che non ricorreva alcun diretto onere di assistenza morale e materiale del marito nei confronti del figlio maggiorenne della moglie, al quale non era legato da alcun vincolo né di sangue e nè giuridico (ad es. adozione).
Occorre, invece, considerare che i Giudici di merito hanno affermato che la condotta del marito di allontanamento del figlio della moglie non era idonea ad integrare la causa di addebito separativo sulla considerazione che questi all’epoca era già maggiorenne ed aveva un alloggio presso uno zio, dove poi la madre e il figlio si erano trasferiti per un breve periodo, dando atto, quindi della piena capacità giuridica del ragazzo e della disponibilità da parte di questi di altra sistemazione abitativa, circostanze non contestate e su cui la madre non si sofferma.
A fronte di ciò la censura non illustra se e quali circostanze di fatto siano state tempestivamente dedotte per provare in che misura la condotta del marito si sarebbe tradotto in una diretta violazione dell’obbligo di assistenza morale e materiale della moglie sotto il profilo dell’eventuale pregiudizio o ostacolo insormontabile frapposto all’esercizio delle cure materne nei confronti del figlio maggiorenne, talmente grave da comportare l’intollerabilità del prosieguo della vita coniugale, tanto più che l’apprezzamento circa la responsabilità di uno o di entrambi i coniugi nel determinarsi della intollerabilità della convivenza è riservato al giudice di merito e non può essere censurato in sede di legittimità.
Alla luce delle suddette motivazioni la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile e ha condannato la moglie alle spese del gravame.
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Dopo essersi diplomata al Liceo Classico Salvatore Quasimodo di Magenta, ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2014, con tesi in diritto dell’esecuzione penale e del procedimento penale minorile, analizzando l’istituto del “Perdono Giudiziale”.
Coltivando l’interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2014 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel settembre de 2018, è diventata Avvocato, del Foro di Milano.